La descrizione dello stemma del S.E.R. Mons. Antuan Ilgit, S.I., eletto vescovo ausiliare per il Vicariato Apostolico dell'Anatolia

La croce dorata posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo, è quella cosiddetta di Malta, affidata all’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni nel 1126, con le sue otto punte che simboleggiano le Beatitudini secondo il vangelo di Matteo (cf. Mt 5,3-12), ma anche le otto virtù che dovevano coltivare i cavalieri: lealtà, pietà, franchezza, coraggio, gloria ed onore, disprezzo per la morte, solidarietà verso i poveri ed i malati, rispetto per la Chiesa. La scelta di questo modello di croce è legata anche ad un particolare biografico: la permanenza in Malta per via degli Esercizi spirituali, durante i quali ha ricevuto la notizia della nomina episcopale.

Lo scudo, dalla forma bucranica, ospita diversi simbolismi.

Il campo in alto presenta l’agnello pasquale, sgozzato, rivoltato, nimbato e accovacciato su di un libro chiuso d’oro da cui pendono sette sigilli, con in mano la bandiera. Il messaggio è evidente: la centralità del mistero di morte e risurrezione di Cristo, così come presentato soprattutto nel libro dell’Apocalisse, alla luce del quale leggere il senso della storia, in modo particolare nel tempo della tribolazione (cf. Ap 5,6-7). L’immagine e il colore rosso della campitura vuole fare allusione alla Turchia, come terra di martiri per la fede nel passato e nel presente, e insieme esprimere la disponibilità a “farsi agnello” e offrire la propria vita in dono (se necessario) sino all’effusione del sangue. La bandiera, che richiama anche la meditazione ignaziana dei due vessilli (cf. Esercizi spirituali 136-147), con croce rossa in campo bianco, sottolinea la risurrezione quale ultima parola di Dio sulla storia di Gesù e sulla nostra.

Il campo in basso ha al suo centro il cristogramma IHS, sormontato dalla croce, simbolo della Compagnia di Gesù. Vuole indicare il patrimonio spirituale ignaziano che appartiene alla storia di fede personale ed anche all’orientamento nel ministero futuro, nella logica del magis e “per la maggior gloria di Dio”. Esso è presentato come un sole irradiante sull’azzurro della campitura, evocativo del cielo e del mare, in particolare di quello di Mersin nell'antica Cilicia, solcato dalle navi da pesca paterne, ma anche della città di Alessandretta in cui ha sede il Vicariato. In alto a sinistra c’è la stella di Davide che richiama innanzitutto Maria, la vergine figlia di Sion, la stella del mare alla cui protezione, come recita anche il motto, si affida il novello Vescovo. Sulla destra si colloca un giglio fiorito, che rappresenta la devozione a San Giuseppe e a Sant’Antonio di Padova di cui porta il nome. Le tre onde, in basso, simboleggiano la Santissima Trinità, all’opera nella storia personale e universale (cf. Esercizi Spirituali 101). L’àncora, al di là dei richiami al mondo familiare dei pescatori, esprime il desiderio di ancoramento nella speranza, come realtà “sicura e salda”: «essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek» (Eb 6,19-20).

Il cartiglio con il motto in lingua turca riprende l’incipit della più antica preghiera mariana (III sec.) Sub tuum praesidium (“Sotto la tua protezione”): «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta». Come mette in luce il termine ‘praesidium’, il Vescovo, si affida totalmente alla Madre di Dio, confidando nella di Lei materna intercessione, per essere accolto e sostenuto lungo i momenti difficili del cammino futuro.

Lo stemma è stato realizzato da Roberto Giobbi.