Alla fine del 2002, dopo ventidue anni di episcopato a Milano, il cardinale Carlo Maria Martini si incamminò come semplice pellegrino verso Gerusalemme, scegliendo una vita riservata, ritmata dalla preghiera, dallo studio e dall’incontro con singoli e gruppi, amici, studiosi e pellegrini. Come era stato fino a quel momento, lo stile del suo agire e del suo pensare rimanevano fortemente ancorati alla Parola di Dio, studiata e meditata tutti i giorni ma anche condivisa con altri, nella forma degli esercizi spirituali.
In questo volume vengono presentate per la prima volta alcune meditazioni tenute da Martini nel 2003, a Betlemme, di fronte ai sacerdoti del Patriarcato latino di Gerusalemme. Instancabile nel descrivere e raccomandare l’esercizio della lectio divina, Martini torna in queste pagine sulla necessità della lettura pregata della Scrittura e suggerisce atteggiamenti del cuore, del corpo e della mente, di grande semplicità e concretezza.
Seguono pagine intense di lectio divina che, partendo da Betlemme e passando per Cafarnao, aiutano il lettore a contemplare il volto di Dio, fatto uomo per raggiungere il cuore di ogni uomo e ricondurlo a sé.
Sin dal discorso d’ingresso nell’Arcidiocesi di Milano (1980), Carlo Maria Martini parlava delle «città particolarmente a me care, che sono simbolo e strumento di un’unità tra gli uomini. La prima città è Gerusalemme, così come la Bibbia ce la presenta, nella sua storia e nel suo futuro, come luogo di riunione di tutti i popoli». L’attenzione a Gerusalemme torna insistentemente nei suoi interventi pubblici e nei suoi scritti sino a coincidere con la scelta di trasferirsi là come «meta definitiva di un cammino». Scelta che Martini è venuto maturando attraverso un complesso percorso spirituale, culturale ed esistenziale e che, nell’attuale clima di lacerazione e conflitto, appare ancora più significativa. In questo libro, che rende, per l’appunto, testimonianza di quel «cammino», Martini affronta il tema della città «simbolo universale», sia dal punto di vista biblico-sapienziale (attraverso una puntualissima esperienza esegetica e raffinate suggestioni culturali), sia da un punto di vista storico (i rapporti fra ebraismo e cristianesimo), lasciando sempre emergere, come un assillo e come obiettivo, la costruzione della pace fra i popoli che, attraverso fedi diverse, fanno perno intorno a Gerusalemme. Credenti e non credenti troveranno in questo volume quella limpida complessità di analisi, quella rivendicazione di valori forti di cui il mondo che ci appartiene, confuso e lacerato (come è lacerata Gerusalemme), ha bisogno.
La conoscenza dell’ebraismo, della sua storia plurimillenaria e dei suoi valori religiosi non va equiparata a un curioso interesse perle culture esotiche che sopravvivono nella civiltà dei consumi. E neppure va paragonata a quell’informazione sulle religioni non cristiane che è doverosa nell’epoca dell’interdipendenza planetaria. Si tratta piuttosto di una realtà che ci riguarda da vicino. Conoscere la fede ebraica, infatti, è necessario al cristianesimo (e alla conoscenza europea che da esso è stata plasmata) per capire la propria identità. Israele, secondo la suggestiva immagine di san Paolo, è la «radice santa che porta» la Chiesa. In virtù delle sue origini, la fede cristiana ha un rapporto intrinseco, permanente e peculiare con il popolo ebraico. È convinzione che risale al nuovo testamento e tuttavia non è patrimonio pienamente acquisito alla consapevolezza cristiana. Essa configura uno degli aspetti più originali del magistero del cardinale Martini. In particolare - sottolinea l’arcivescovo di Milano - la dimenticanza di questo vincolo profondo ha privato la Chiesa del contributo che le sarebbe venuto dalla tradizione ebraica. Si è così creata un’alterazione nell’equilibrio vitale della comunità cristiana, equilibrio di cui il cristianesimo primitivo ha invece goduto grazie alla teologia e alla prassi dei giudeo-cristiani. Questa visione cordiale dell’ebraismo, questo amore per il senso della vita e dei valori che il popolo ebraico porta con sé, costituiscono nello stesso tempo il rimedio radicale alla sempre risorgente piaga dell’antisemitismo e il modo più vero di riconoscere e apprezzare una delle gemme più preziose dello spirito.
Con una serie di sedici meditazioni p. Rossi de Gasperis rende anche noi pellegrini nella Terra santa, facendoci approfondire il significato teologico e spirituale dei luoghi e degli avvenimenti della storia della salvezza e facendoci fissare lo sguardo su Gesù, capo e compimento della fede di tutto il popolo di Dio in questa terra di Dio.
Ogni attento lettore della Bibbia sa come le narrazioni sui patriarchi siano scandite dal riferimento ai vari luoghi ove Dio si rivela. Uno dopo l’altro questi luoghi arrivano a costituire una mappa della conoscenza di Dio e dell’identità credente. Su questo sfondo si comprende il percorso degli autori che parte dalla terra, dai luoghi e dagli eventi di rivelazione che l’hanno segnata, per introdurre alla comprensione di Gesù di Nazaret.
Il titolo è una frase di Ezechiele (3,1) ripresa in Apocalisse 10,9. Il libro è il frutto di una pluridecennale esperienza di predicazione sul campo, cioè non dal pulpito, che ha preso anche le forme di corso di teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana e di lezioni guidate durante viaggi in Terra Santa. Il volume è diviso in due parti: un racconto biblico e una «lectio», entrambe narrazioni fatte da credenti che parlano all’interno della grande tradizione spirituale d’Israele e della Chiesa cristiana, leggendo la Bibbia non secondo i moderni metodi storico-critici o letterari, ma “come un insieme di testimonianze di una stessa grande tradizione” (Pontificia Commissione biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1.C).
Caratteri salienti di questa lettura spirituale a quattro mani sono l’esperienza continua della memoria, per svelare il senso di un cammino che in parte è già stato percorso dalla storia e in parte resta da percorrere, e l’assunzione di responsabilità verso il presente, quello del singolo, della famiglia, della società, delle condizioni umane generali di oggi. Il progetto è quello di insegnare, raddrizzare, educare alla giustizia di Dio, affinché in noi e negli altri l’uomo e la donna di Dio siano messi a punto e preparati a ogni opera buona (2Tm 3,16-17). Le meditazioni qui raccolte si possono disporre in un trittico, Creazione - Alleanza - Escatologia: su questi tre cardini dell’esperienza cristiana di sempre si articolano l’excursus e le risposte conclusive.
La narrazione e la «lectio» sono state proposte alle comunità ebreo-cristiane di Israele, tenendo conto quindi dell’inculturazione del messaggio evangelico nel contesto giudeo-cristiano di oggi. Vanno lette tenendo costantemente la Bibbia aperta.
Il testo fa seguito ai volumi Prendi il Libro e mangia! 1. Dalla creazione alla Terra Promessa (1997) e Prendi il Libro e mangia! 2. Dai Giudici alla fine del Regno (1999), e introduce a una comprensione spirituale della storia e della profezia, attraverso le quali Israele giunge dall’esilio alla nuova alleanza. Il titolo è una citazione di Ezechiele (3,1) ripresa in Apocalisse (10,9). Frutto di una pluridecennale esperienza di predicazione «sul campo», cioè non dal pulpito, l’opera ha preso anche le forme di corso di teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana e di lezioni guidate durante viaggi in Terra Santa. Il libro è diviso in due parti: un racconto biblico e una lectio, entrambi narrazioni fatte da credenti che parlano all’interno della grande tradizione spirituale d’Israele e della Chiesa, leggendo la Bibbia non secondo i moderni metodi storico-critici o letterari, ma «come un insieme di testimonianze di una stessa grande tradizione» (Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1.C).
Caratteri salienti di questa lettura spirituale a quattro mani sono l’esperienza continua della memoria, per svelare il senso di un cammino che in parte è già stato effettuato dalla storia e in parte resta da percorrere, e l’assunzione di responsabilità verso il presente, quello del singolo, della famiglia, della società.
La narrazione e la lectio sono state proposte alle comunità ebreo-cattoliche di Israele, tenendo quindi conto dell’inculturazione del messaggio evangelico nel contesto giudeo-cristiano di oggi. Il testo va affrontato con la Bibbia costantemente aperta.
Il testo fa seguito ai volumi Prendi il Libro e mangia! 1. Dalla creazione alla Terra Promessa (1997) e Prendi il Libro e mangia! 2. Dai Giudici alla fine del Regno (1999), e introduce a una comprensione spirituale della storia e della profezia, attraverso le quali Israele giunge dall’esilio alla nuova alleanza. Il titolo è una citazione di Ezechiele (3,1) ripresa in Apocalisse (10,9). Frutto di una pluridecennale esperienza di predicazione «sul campo», cioè non dal pulpito, l’opera ha preso anche le forme di corso di teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana e di lezioni guidate durante viaggi in Terra Santa. Il libro è diviso in due parti: un racconto biblico e una lectio, entrambi narrazioni fatte da credenti che parlano all’interno della grande tradizione spirituale d’Israele e della Chiesa, leggendo la Bibbia non secondo i moderni metodi storico-critici o letterari, ma «come un insieme di testimonianze di una stessa grande tradizione» (Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1.C).
Caratteri salienti di questa lettura spirituale a quattro mani sono l’esperienza continua della memoria, per svelare il senso di un cammino che in parte è già stato effettuato dalla storia e in parte resta da percorrere, e l’assunzione di responsabilità verso il presente, quello del singolo, della famiglia, della società.
La narrazione e la lectio sono state proposte alle comunità ebreo-cattoliche di Israele, tenendo quindi conto dell’inculturazione del messaggio evangelico nel contesto giudeo-cristiano di oggi. Il testo va affrontato con la Bibbia costantemente aperta.
Il testo chiude l’itinerario iniziato e proseguito con i volumi Prendi il Libro e mangia! 1. Dalla creazione alla Terra Promessa (1997), Prendi il Libro e mangia! 2. Dai Giudici alla fine del Regno (1999), Prendi il Libro e mangia! 3.1. Dall’esilio alla nuova alleanza: storia e profezia (2003). «Il Libro, che abbiamo letto con una passione sempre fervente, e che abbiamo mangiato, guastandone tutta l’amarissima dolcezza pasquale, è il Testamento di Dio per le donne e gli uomini di tutta la storia. Non abbiamo previsto un volume ulteriore sul Nuovo Testamento. […] Il Nuovo Testamento non è, propriamente, un altro libro che venga ad aggiungersi all’Antico, ma un Vivente. […] La sfida per chi legge questi volumi consiste nel cercare e trovare come Gesù di Betlemme, di Nazaret e di Gerusalemme – Gesù di Israele – abbia portato e continui a portare a compimento in sé tutta questa storia, senza lasciarne incompiuto il più piccolo frammento». Frutto di una trentennale esperienza di predicazione «sul campo», cioè non dal pulpito, l’opera ha preso anche le forme di corso di teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana e di lezioni guidate durante viaggi in Terra Santa. Il libro è diviso in due parti: un racconto biblico e una lectio, entrambi narrazioni fatte da credenti che parlano all’interno della grande tradizione spirituale d’Israele e della Chiesa, leggendo la Bibbia «come un insieme di testimonianze di una stessa grande tradizione».
Caratteri salienti di questa lettura spirituale sono l’esperienza continua della memoria, e l’assunzione di responsabilità verso il presente, quello del singolo, della famiglia, della società.
Da duemila anni ci si confronta con un annuncio incredibile: un uomo è risorto, ha aperto un varco nel muro della pietra tombale. Questa è una notizia che scatena una risata. Come parlare di asini che volano. Ma, come dice Eco, quando uno ride «scopre le contraddizioni interne del codice». I brevi racconti dei Vangeli, quasi appendici, che la presentano ci parlano di un evento che per essere interpretato richiede una forte collaborazione da parte del lettore. La lettura è un’azione complessa in cui sono coinvolte le proprie aspettative, le proprie esperienze, i pregiudizi e le verità consolidate. Perché il testo non dice tutto, è una «macchina pigra».
La lettura di Rossi de Gasperis dei testi evangelici sulla resurrezione consente di metterne in luce i meccanismi collaborativi, costruiti sulle domande più che sulle risposte, sulla memoria più che sull’attesa di novità, sulla rilettura dei segni più che su nuova informazione. Per consentire la costruzione di nuove mappe, di connessioni con cui il lettore si trasformi in attore. Come è successo ai due di Emmaus.
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